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GDR, la mia droga è un gioco differente

Oramai più di dieci anni fa, uscivano in Italia le puntante della sitcom Big Bang Theory. Quattro amici scienziati super nerd vivevano la loro vita tra vari alti e bassi. In un episodio stavano giocando ad un gioco che sembrava da tavolo, ma aveva qualcosa di diverso. C’erano delle schede, dei fogli, dei dadi strani, un giocatore super partes. Non sembrava qualcosa di strutturato come i classici giochi da tavolo a cui avevo sempre giocato.

Era strano perché parlavano di un’immaginazione ad alti livelli e per una ragazza come me, appassionata di libri e piena di fantasia: era pura poesia. È stato così che ho conosciuto il più grande gioco di ruolo – abbreviato gdr – Dungeons and Dragons, che esplose negli anni Settanta e che appassionò bambini e adulti.

Purtroppo ci ho giocato quasi dieci anni dopo per la prima volta. Non conoscevo nessuno che ci giocasse, in rete avevo trovato alcune cose ma poco chiare per una nuova come me. Così ho lasciato perdere pur mantenendo sempre quel desiderio.

Poi ho scoperto la nascita di queste associazioni che si occupano di promuovere il gioco intelligente. Sono andata in una della mia zona ed ho incontrato persone con i miei stessi interessi, disponibili ad insegnarmi.

E’ proprio lì che mi sono innamorata di una cosa che sapevo già di amare.

(Image credit: Future)

Quando devo spiegare, per esempio a mia madre o ad alcuni amici, a che genere di giochi gioco, entro, ve l’assicuro, in un discorso che sembra paranormale.
Per spiegare cosa sono i giochi di ruolo a chi proprio non ne mastica bisogna sicuramente far pensare a quando eravamo piccoli. E al classico “facciamo che io sono questo e tu quello”, un gioco di pura fantasia ed interpretazione in cui ognuno faceva finta di essere qualcosa distaccandosi dalla sua realtà personale. Questo è il gdr.

Scusate non sono stata corretta, questa è l’idea base del gdr. Per giocare non ci si può solo sedere e far finta che le cose siano così. C’è bisogno di avere regole chiare e linee guida a cui attenersi per avere un gioco più bilanciato e bello per tutti. Le sessioni, così si chiamano gli incontri, possono essere di una sola volta o durare da anni. Danno vita così a intere campagne con amici che giocano lo stesso personaggio anche da parecchio tempo. Questo sempre se ha avuto la fortuna di rimanere vivo.

C’è un giocatore, chiamato master, che narra la storia e tiene le redini e il filo conduttore di tutto il gioco; oltre che a tenere a bada le idee bizzarre dei giocatori (si prendono decisioni poco discutibili grazie alla regola del “posso farlo?”).

La cosa che a molti sembra più complicata non è il gioco in sé, anche se qualche mio amico non ama per niente leggere il regolamento che effettivamente è un libro abbastanza sostanzioso. La cosa più complicata per tanti all’inizio è staccare dalla realtà.

Non è facile immaginare in un mondo in cui la parte visiva è così importante come ora, e credo sia poco facile farlo in età adulta. Da bambini siamo portati automaticamente, ma da adulti può essere complicato per chi magari non legge libri e non sviluppa un approccio attivo all’immaginazione ricevendo solo input già confezionati.

E chi vince? Questa è la domandona che mi fanno tutti e quando rispondo “nessuno” mi godo beatamente le facce sconvolte. Quale senso può avere mai una cosa che non può farti vincere, in un mondo in cui la prestazione esiste solo per arrivare ad un fine che ti darà un valore positivo o negativo? Il senso è che – come diceva qualcuno che sicuramente è diventato mainstream, visto quante volte ho letto questa frase – “non importa la meta ma il viaggio che hai fatto per raggiungerla”.

Nessuno vince perché in un gioco di ruolo ci sono delle avventure, degli obbiettivi e ci sono molte cose variabili. Non sei arrivato a fare quell’obbiettivo? Beh se n’è creato un altro. La storia si è diramata in un’altra direzione, quella su cui si sono focalizzati di più i protagonisti; ma soprattutto è l’intera esperienza a fare il gioco.

Giocare ai gdr è un’evoluzione, è il piacere di stare assieme agli amici e anche il piacere di attivare la mente. Ci sono state molte volte in cui mi sono sorpresa delle scelte che facevo in gioco. Mi sono chiesta perché: oltre ad essere in linea con il personaggio e la sua storia, mi insegnavano qualcosa di me, oppure a vedere un problema da un altro punto di vista. Non a caso il gioco di ruolo viene utilizzato molto anche in psicologia.

Sì, è davvero bello sedersi a tavola con gli amici e fare finta di essere un elfo rigettato dalla società o un combattente post apocalittico che non trova il suo posto nel mondo; ma c’è anche un altro scalino successivo ai giochi di ruolo e sono i giochi di ruolo dal vivo, o larp.

gioco larp
(Image credit: Evan Amos)

In questo caso si fa un passaggio in più. Oltre ad avere l’immaginazione bisogna anche ruolare da vivo, far finta di comportarsi, muoversi, vestirsi e parlare come il tuo personaggio. Questo genere di gioco si sviluppa in eventi che durano anche più giorni. Sono una full immersion davvero potente (per me è liberatorio staccare dalla realtà in questo modo, oltre che essere molto divertente).

Ora vi lascio immaginare la faccia che fanno le persone, forse voi stessi ora, quando dico che mi vesto come una guerriera con un passato misterioso e vado a “picchiare” la gente con un bastone di lattice in appositi eventi chiamati live, dove c’è una storia da narrare e personaggi che prendono le loro decisioni dal vivo arricchendola.

Se non avete mai sentito parlare di questi giochi, vi consiglio di fare qualche ricerca e provare. C’è sicuramente, vista la vastità di ambientazioni, argomenti e modalità, quello che fa al caso vostro. Se ne avete sentito parlare per quale motivo non avete ancora provato? E se ci giocate posso solo dirvi: fratelli e sorelle, lo so, questa è la droga più bella e sana di tutte.

Marika Rui

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